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CISL - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Federazione Università Firenze

Risposta alla lettera Prot. n. 3900

Pubblichiamo la risposta del nostro segretario d'ateneo alla lettera del direttore generale Prot. n. 3900 del 13 aprile u. s. (leggibile sul nostro spazio web nella cartella "documenti"). Alla lettera del direttore erano allegati i seguenti documenti: 1. Regolamento per l'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo, 2. Regolamento per l'affidamento di incarichi di funzioni dirigenziali (ex art. 35 dello Statuto), 3. Criteri generali per l'applicazione degli artt. 61, 62, 63 del CCNL.

 

 

 

Firenze, 07 maggio 2001

 

 

 

AL DIRETTORE GENERALE

DELL' UNIVERSITA' DI FIRENZE

DR. GAETANO SERAFINO

S E D E

 

 

 

OGGETTO: risposta alla Sua lettera prot. n° 3900, pos. 1/O

 

 

 

Egregio Direttore Generale,

 

 

 

approfitto della Sua ultima lettera per ripetere le considerazioni sindacali e le valutazioni politiche che la lettura delle Sue note regolarmente mi suggeriscono e colgo l'occasione per esprimerLe un compiaciuto apprezzamento per la cristallina assenza di ambizioni letterarie che continua a trasparire dalla Sua prosa.

1) C'è (da sempre) un'evidente, incolmabile fossato che separa la mia interpretazione della necessità di riorganizzare l'Ateneo dalla Sua. Secondo la mia visione, questa necessità fa parte dell'urgenza complessiva, messa in evidenza dall'esplosione di un fenomeno tellurico qual è stato Tangentopoli, di cambiare radicalmente tutta la Pubblica Amministrazione, in particolare i Servizi Pubblici, per sottrarla al ruolo di pilastro della corruzione cui lo sviluppo storico politico l'ha condotta (mancando completamento l'obiettivo del "buon andamento" preconizzato dai costituenti dopo l'abbattimento del fascismo).

Lei continua invece imperterrito a rifilarmi la pappardella del "mutato rapporto società-università", dei fenomeni irresistibili di competitività sprigionate dalla globalizzazione capitalistica e dalla monocultura mercantile che imporrebbero all'Università pubblica... di adattarsi o perire.

Scusi l'abituale franchezza, ma penso sia proprio dai coaguli di questa visione ultra liberista (privatista) che derivano, con una mitragliata di dettagli, tutte le Sue improvvisazioni su riorganizzazione, modelli gestionali, missione, formazione, consulenze, organizzazione del lavoro pubblico, sacralità dei ruoli direttivi eccetera: ma non le capita proprio mai di pensare che "i connotati" dell'Università pubblica devono necessariamente derivare dalla collocazione che la scuola, la didattica, l'insegnamento, l'istruzione, la ricerca hanno nella Carta Costituzionale?

2) Questa concezione generale (che subordina l'Università pubblica alle dogmatiche, scellerate esigenze del mercato) lo induce, perdoni il rilievo, anche a dire cose non vere: non è proprio sostenibile l'esistenza di un qualsivoglia legame tra Protocollo di Aprile per la Riorganizzazione dell'Ateneo e Riposizionamento dei lavoratori (che, per inciso, non fu affatto "un'azione del C.d.A.") e la serie tumultuosa di Innovazioni normative, organizzative e tecnologiche da Lei abitualmente snocciolata come un rosario (che avrebbe, tra l'altro, "obbligato" il personale alla faticosa maturazione di nuove competenze). Questa bufala clamorosa può essere avallata solo coprendo di ingiurioso silenzio quanto è successo negli anni '90 nell'Ateneo fiorentino. Per essere chiari: le innovazioni realizzate in quegli anni hanno riguardato le Biblioteche e l'Orario di Lavoro e di Servizio. Per le biblioteche, l'innovazione è consistita nel varo di un sistema bibliotecario di Ateneo che poneva modeste competenze di coordinamento in capo al Coordinatore delle Biblioteche e sostanziali modifiche all'organizzazione del lavoro nelle biblioteche, eliminando le insostenibili differenze di posizione tra gli addetti per approdare ad un sostanziale ruolo unico del lavoratore delle biblioteche (il solo aumento di competenza è stato quello necessario per far acquisire la completa conoscenza della materia ai bibliotecari dei livelli più bassi, fino ad allora esclusi da alcune attività).

Anche nell'azione su Orario di Servizio e Orario di Lavoro (il C.d.A. non c'entra proprio nulla nemmeno qui) l'Innovazione ha riguardato aspetti legati esclusivamente all'Organizzazione del Lavoro, non ad altro.

In soldoni: il Protocollo di Aprile è una decisione autonoma presa congiuntamente da amministrazione ed organizzazioni dei lavoratori con il fine esclusivo di riorganizzare i Servizi dell'Ateneo per renderlo efficace (e riposizionare, in conseguenza della nuova organizzazione, tutti i lavoratori). Nella realizzazione dei contenuti del protocollo, non è emersa la necessità di acquisire nuove competenze a causa di presunti mutamenti di "processi", di "prodotto", di modalità organizzative e funzionali tipiche dell'aziendalismo privato in cerca di profitto, legati alla mera trasformazione del modello gestionale o ad altro. Dire il contrario è semplicemente falso, però mette in luce il motivo "intimo" del ricorso forzato alla falsificazione: "accordare" a tutti i costi CCNL e Protocollo di Aprile nel tentativo maldestro di applicare l'Accordicchio al riparo di (inevitabili) contestazioni. Tentativo destinato a fallimento certo: troppi occhi dovrebbero con tanta disinvoltura guardare altrove... Un solo esempio (ma le scorrettezze, le illegittimità conseguenti al tentativo di creare l'impossibile connubio tra Protocollo di Aprile e CCNL sono innumerevoli): spacciare l'autovalutazione quale procedura concorsuale avviata cui è possibile applicare l'articolo 74 del nuovo contratto di lavoro: ma perché ingiuriare, umiliare così l'umana intelligenza?

La via per riorganizzare l'Università pubblica al fine di renderla migliore (efficace) è quella di fare i conti con le innumerevoli iniquità e violenze del CCNL, e la sola fonte utile allo scopo è la legge sull'Autonomia degli Atenei (la revisione urgente del decreto legislativo n° 29 per riportarlo alla legalità degli obblighi di riforma imposti dalle vicende storico politiche degli anni novanta sarebbe un'altra urgenza inderogabile, ma è obbligo cui deve però ottemperare il Governo...).

3) Il "quadro clinico" dal quale Lei fa discendere l'abnorme, imperiosa esigenza di creare uffici dirigenziali a getto continuo è sempre quello utilizzato per glorificare l'Innovazione che non c'è. Il buffo è che le fantasie innovative finiscono (paradossalmente?) per confermare integralmente un modello gestionale organizzativo da prima Repubblica, mentre il ricorso all'invincibile armata di dirigenti afferma in modo apodittico che il solo modello organizzativo utilizzabile (legale?) nei Servizi pubblici è quello dell'Azienda privata a caccia di profitti. Che sia l'Impresa ad affermarlo è del tutto scontato: si amplia il terreno di caccia dei profitti, si moltiplicano le occasioni per indirizzare verso logiche mercantili aspetti rilevanti della socialità... siamo o non siamo in regime di sacralità dei processi di privatizzazione? In vero, l'entusiasmo da neofita che ha colto tutta la classe dirigente pubblica per il modello organizzativo gestionale privato almeno qualche dubbio dovrebbe istillarlo. E sì, perché assolutizzare il modello d'impresa, significa negare ogni diversità tra produzione di merci e servizi per il mercato (fine unico il profitto) e Servizio pubblico (finalità assoluta: la soddisfazione dei bisogni pubblici).

La decisione di riconoscere a quello verticale-gerarchico le stimmate di unico modello organizzativo in grado di perseguire l'interesse generale è palesemente una scelta politica.

Scelta politica di parte, che nulla ha che fare con il buon funzionamento dei Servizi pubblici; scelta di basso profilo, autoreferenziale, di mera tutela degli interessi verticali privati della classe dirigente e del tutto priva, ovviamente, di basi "scientifiche"...

Il modello privato è del tutto inadeguato per soddisfare "bisogni generali, pubblici"; è ottimo invece per favorire gli interessi privati, sia quelli aziendalistici che quelli interni alla burocrazia. "Se vuoi la pace prepara la guerra" è lo slogan ufficiale di tutti i militari, sotto ogni latitudine, ed è incontestabile il suo successo: in tutti i paesi del mondo le spese militari sono ingenti - persino nei paesi poverissimi - ma la pace dei militari non si vede mai, perché? Non sarà che ai militari, più della pace, sta a cuore l' interesse privato della casta? L'impresa persegue l'interesse privato dell'imprenditore (nel sistema capitalistico mercantile è del tutto logico): è questo tratto essenziale che caratterizza il modello gerarchico dell'impresa privata, in cui il padrone comanda e i sottoposti -a vari livelli- eseguono. Trasferendo il modello aziendalistico privato al Servizio pubblico, la conseguenze più chiara (e funesta) è proprio questa: i vertici (i dirigenti, gli equiparati, i titolari di funzioni organizzative, di comando eccetera) finiscono con l'identificarsi con il ruolo e gli interessi del padrone-dirigente-menager privato. Conseguentemente, finiscono col perseguire il proprio esclusivo interesse (occupare poltrone sempre più "prestigiose", godere di aumenti di stipendio legati alla mera capacità - il merito - di riuscire ad occupare i posti e a nient'altro).

Cambiano così natura al Servizio Pubblico incrementandone lo sfascio anziché migliorarne l'efficacia.

La volontà di cambiare fittiziamente la PA agendo esclusivamente sul modello gestionale è tutta intera nel CCNL; gli articoli 61, 62 e 63 sono la palese testimonianza che obiettivo primario del contratto nazionale è quello di dotare il Servizio Pubblico comunque di una struttura gerarchica, verticale, come fine in sé, senza legami con il problema dell'efficacia dei Servizi; e su questa struttura sbalestrata calibrare costi di gestione, bilanci, premi e punizioni...

L'incentivo di produttività nel lavoro pubblico è sempre stato un imbroglio grottesco, per ciò nell'Ateneo abbiamo deciso di riconvertirlo: soldi uguali per tutti come rivolta contro la divisione ideologica dei lavoratori (la patacca "dell'urgenza di contrastare l'appiattimento per migliorare i Servizi pubblici" è sempre stata troppo rozza da bere, e qualcosa di buono è stato fatto in questi anni grazie al contributo decisivo dell'intelligenza, della capacità politica dei lavoratori).

Il C.d.A. raccomanda di non dare gli aumenti a pioggia. Cosa vuol dire, che chi fa lo stesso lavoro deve comunque guadagnare in modo diverso? E dove sta scritto, non certo nella Costituzione! Se il principio sacrosanto è quello di pagare in modo uguale lo stesso lavoro (e in modo diverso il lavoro diseguale), la strada giusta non è quella di inventare improbabili ruoli slegati dalle "esigenze produttive del Servizio pubblico Università" enfatizzando inutili differenze (meriti inesistenti da premiare). La strada del CCNL, ma anche la Sua e quella della CGIL, è invece palesemente quella di riconfermare -con altra etichetta- l'odioso, inefficace, fallimentare modello di organizzazione del lavoro verticale della prima repubblica.

Dire di preferire l'organizzazione del lavoro orizzontale, la sua ricchezza e fecondità, e poi -nei fatti- scegliere il modello verticistico è facile e tradizionale: la storia di questo paese straripa di chi dice una cosa e ne fa un'altra...

Il pasticcio degli articoli 61, 62 e 63 si risolve nella maniacale ricerca della stratificazione dei lavoratori ad ogni costo. Nel caso della categoria EP, il CCNL concede all'amministrazione la graziosa facoltà di assegnare ad una parte di questo personale "incarichi comportanti particolari responsabilità gestionali ovvero funzioni professionali richiedenti ... alta qualificazione e specializzazione". Il fine? Gli "EP" godono, quale trattamento accessorio, della retribuzione di posizione e di quella di risultato e la "posizione" varia da 6 a 25 milioni: il minimo, 6 milioni, lo prendono tutti; i baciati dalla dea bendata prenderanno invece fino a 25 milioni! Le caratteristiche degli incarichi che giustificheranno la diversità di trattamento con gli altri lavoratori? oscure, autoreferenziali, ideologiche del tutto inventate: si farà la scala per la scala! Per i lavoratori delle altre categorie (B, C e D), l'amministrazione individua posizioni organizzative e funzioni specialistiche e di responsabilità ... per l'attribuzione, naturalmente differenziata, dell'apposita indennità. Al solo personale della categoria "D" infine, possono essere conferiti specifici, qualificati incarichi di responsabilità amministrative e tecniche. L'indennità corrispondente sarà uguale per tutti? Ma scherziamo: differenziata, tra 2 e 10 milioni!

Alcune conseguenze di questa ossessione gerarchica nel caso si applicassero gli articoli 61, 62 e 63 (articoli facoltativi): gli operatori del Servizio Tecnico avranno da qui in avanti compiti con livelli di responsabilità spesso equivalenti (è quanto prevede la nuova legge "Merloni": a proposito, cosa aspetta a ristrutturare il decrepito Ufficio Tecnico trasformandolo nel Servizio dotato delle caratteristiche previste dalla Merloni e dalla direttiva cantieri?) senza alcuna distinzione riconducibile alla categoria di inquadramento (tranne il caso di progettazioni in cui la legge stabilisce livelli di titoli differenziati) ma gli operatori avrebbero trattamento differenziato! Gli stessi Segretari di Dipartimento avrebbero il trattamento differenziato (quelli di ruolo guadagnerebbero meno degli incaricati?) ma, quel che è peggio, coloro che avrebbero incarichi gestionali, di responsabilità o funzioni organizzative godrebbero di benefici molto più sostanziosi degli altri, meritati? Meritati un corno: le posizioni organizzative, gestionali, finto-dirigenziali e finto-responsabili non sono mai più importanti delle "professionalità attive" espresse dai lavoratori (ai fini dell'efficacia del servizio pubblico, naturalmente).

Dare, come sta facendo Lei, 120 milioni all'anno a figure dirigenziali il cui unico merito è... la conquista del posto-premio (una specie di vincita al Lotto) non riempie di gioia i lavoratori che arrancano con un salario che li avvicina sempre più alla soglia di povertà, malgrado la qualità professionale espressa nell'attività realizzata.

Dubito che Lei possa rendersi conto del contenuto ideologico delle divisioni tra i lavoratori che sta producendo, ma a chi lavora difficilmente sfugge la gratuità e l'astrattezza degli incentivi premianti dati ai dirigenti, agli equiparati, agli incaricati, ai posizionati e (suprema bufala) ai responsabilizzati ...

Per realizzare il suo capriccio gerarchico, il CCNL ha dovuto ristrutturare e destrutturare il Nuovo Ordinamento del Personale. Il senso del passaggio dai Livelli alle Categorie è proprio quello (espresso nitidamente dall'articolo 55) di definire le nuove Categorie come raggruppamenti di professionalità (valutabili come equivalenti) costituite da competenze, capacità e conoscenze affini, utili per l'espletamento di una gamma di attività (esclusione della vecchia rigidità di compiti e mansioni). Questa è la nuova struttura di cui doveva farci dono il CCNL. Le Categorie hanno senso se si coglie la fecondità del processo orizzontale di organizzazione del lavoro pubblico, processo nel quale le sinergie derivano dall'intreccio di professionalità, non dalla competizione per fare passi in carriera. Le responsabilità sono, in questo modello, necessariamente responsabilità professionali individuali e diffuse. Il sistema di controllo è relativo alla verifica dei risultati individuali della professionalità espressa nel lavoro. Il risultato finale è nel raggiungimento dell'obiettivo razionalmente fissato dall'organo di indirizzo politico, per quanto concerne il risultato complessivo.

Il processo di destrutturazione inizia immediatamente (nello stesso articolo 55) allorché si lacera l'unità della Categoria (faticosamente conquistata, con un indispensabile processo di ricomposizione del lavoro pubblico) inventando grossolani livelli stratificati di responsabilità e di autonomia (da una pletora di Livelli al rigore, alla lievità delle nuove Categorie e precipitoso ritorno ad una nuova pletora di fasce e gradini). Il culmine del capriccio è, naturalmente, negli articoli 61, 62 e 63: qui il ritorno al passato diventa una vera cornucopia, uno scoppiettio di petardi e mortaretti inneggianti all'unisono alle virtù dell'Ordinamento Verticale. Con qualche timida cautela: "Le amministrazioni possono... in base alla proprie finalità istituzionali individuano...". Non v'è alcun dubbio, comunque, che il fine sia proprio quello di fornire alle amministrazioni che ne vogliono fare uso (con la compiacenza delle OO.SS. e delle RSU) uno strumento efficace ai fini... della moltiplicazione dei pani e dei pesci del semplice privilegio (il riconoscimento di meriti inesistenti).

Caro direttore, la storia di questo Ateneo ha un livello autentico di "eccellenza" proprio perché ci siamo sottratti ai meccanismi obbrobriosi dell'incentivo di produttività (che non premia affatto meriti reali). Il merito di questa eccellenza è di tutti i lavoratori e di tutte le sue organizzazioni: c'è stata eccome qualcosa che CISL e CGIL hanno fatto insieme (il Protocollo di Aprile, sgrondato da ambiguità, è un "prodotto" unitario). La CISL rimane lì, non per attaccamento al passato ma perché è da quei contenuti che sarà inevitabile partire per riformare i Servizi pubblici di questo paese.

Poteva Lei, egregio direttore, con il fardello del pregiudizio a favore della sacralità della gerarchia (che condivide con il CCNL, il C.d.A., il Rettore e la CGIL) proporre un modello di valutazione esaustivo ed efficace per la gestione degli articoli 61, 62 e 63 che io potessi in qualche modo condividere? Evidentemente no. I continui richiami alla complessità ed urgenza dei processi decisionali, alle competenze e capacità manageriali, alle virtù miracolistiche del dirigente manager nella gestione delle risorse umane... finiscono per tessere una infinita tela di Penelope, ma solo per l'inconsistenza del filo utilizzato. Complessità, capacità, competenze, conoscenze, professionalità, responsabilità, managerialità, risorse umane, valore aggiunto... diventano, nelle Sue mani, sempre più evanescenti categorie dello spirito (gerarchico). Probabilmente è lo scherzo (cinico) per l'eccesso di confidenza ed enfasi con i processi di privatizzazione. Mi chiedo e Le chiedo: ma come si farà a differenziare il valore della retribuzione secondo la fascia di inquadramento? Nessuno garantisce che in fasce diverse si faranno cose diverse (qualitativamente e quantitativamente diverse in modo significativo, malgrado gli sforzi che farete in questa direzione), anzi sono molte le certezze in senso contrario: ha proprio deciso di seppellire sotto una catasta di ricorsi il povero giudice del lavoro del Tribunale "normale"?

La mia risposta netta, nel caso non l'avesse capito è no. No all'ansia di applicare e diffondere a piene mani i contenuti degli articoli 61. 62 e 63; no al regolamento che modifica i titoli per l'accesso al concorso di dirigente (non perché gradisca dirigenti titolati ma perché non è di dirigenti che i Servizi pubblici hanno bisogno), no all'applicazione dell'art. 35 dello Statuto perché illegittimo, no al premio per i nutritissimi Gruppi di lavoro che non lavorano...

So che l'elenco dei miei "no" non servirà a farLe cambiare idea, ma non c'era proprio alcun motivo di sottrarmi al Suo cortese invito per "un efficace e tempestivo riscontro".

Confesso di non capire del tutto l'invito ad un'efficace riscontro. Le confesso anche che la spiegazione che mi sono data, per il curioso ricorso ad una parola inusuale in un contesto del genere, è nell'eccesso di contenuto magico che acquistano le parole quando si caricano di significato.

Ho pensato, senza malizia, che Le deve essere sfuggito qualche volta, la mattina a colazione, di chiedere un po' di efficace (o di predetto) al posto dello zucchero.

 

Tanta comprensione per la Sua signora. E tanti cordiali, affettuosi saluti

 

 

 

Caterina Palazzo

 

    

 

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ultimo aggiornamento: 16-Mag-2001
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